La Cucina Popolare Frentana affonda le sue origini nella cultura agro-pastorale della provincia di Chieti, un’area che dalla Maiella orientale, la montagna madre, arriva a lambire il mare Adriatico. Una cucina fondata su materie prime semplici e genuine: quindi accanto all’olio e al vino, ecco i cereali, i legumi, le verdure spontanee, il pesce conservato come il baccalà, gli animali da cortile, e poi il maiale che attraverso le sue carni saporite e declinate in gustosi e tipici salumi garantiva un’importante riserva di carne tutto l’anno.

Un patrimonio di preparazioni e un sapere condiviso legato alla tradizione rurale, tramandato di generazione in generazione che con l’avvento dei “tempi moderni” rischiava di scomparire. Nel secondo dopoguerra, a partire dagli anni ’60, con l’arrivo dell’industria  la campagna si svuotava. Ci si doveva “emancipare” nel lavoro, così come negli stili di vita, quindi anche a tavola era necessario prendere le distanze da un passato fatto di fatica e povertà. Soccombere al fascino della modernità significava accogliere altri valori a scapito di un’identità secolare che improvvisamente sembrava sfaldarsi. Il culmine lungo tutto lo Stivale si raggiungerà negli esuberanti anni ’80, con un assaggio in cucina di prodotti esotici e preparazioni improbabili, così spazio ai cocktail di gamberi, tortellini 3P, penette alla vodka, carpacci rucola e grana, scaloppine, panne cotte e budini di ogni sorta, e poi l’ananas piazzata in ogni dove.

Poi una ventina di anni fa abbiamo iniziato a riscoprire preparazioni arcaiche che forse avevamo intravisto qualche volta a casa delle nonne, piatti che in realtà non erano mai scomparsi, erano rimasti semplicemente relegati alle aree rurali, e proprio lì, in quel contesto c’era ancora qualche famiglia saldamente legata alle terra, alle proprie radici, che continuava a prepararli, così come un tempo facevano i propri avi. Le pallotte cacio e uova, pizz e foje, i frascarelli,  sono solo alcune delle preparazioni che negli ultimi anni abbiamo imparato a (ri)conoscere e apprezzare, e questo anche grazie a diversi agriturismi presenti sul territorio che hanno recuperato questi antichi sapori. Tuttavia il costante spopolamento delle aree interne, la scomparsa degli anziani, rischia di creare un vuoto, far cadere nell’oblio una cultura enogastronomica importante che ha bisogno di essere custodita, preservata, alimentata e tramandata. Per questo motivo il Gal Maiella Verde e Slow Food Lanciano hanno dato vita a un’iniziativa che coinvolge una rete di ristoratori custodi del territorio e che vuole valorizzare, sensibilizzare e narrare la Cucina Popolare Frentana.

Per conoscerla meglio abbiamo stilato una rassegna delle principali preparazioni.
Potete approfondire la tematica, e in alcuni casi le ricette, anche sul sito della Cucina Popolare Frentana o sul canale YouTube.

Prima di iniziare, dobbiamo spendere due righe sul coppo. Si tratta di un grosso coperchio concavo di ferro che sfrutta il calore del camino ed è indispensabile in alcune preparazioni della cucina popolare frentana. Il coppo, che ha un diametro di circa 50 centimetri, viene collocato sopra una teglia, contenente le carni o un impasto al suo interno, e quindi ricoperto di braci ardenti che alimentano la cottura.

PALLOTTE CACIO E UOVA

Pallotte cacio e uova

Morbide polpette di uova e formaggio intrise in una fresca salsa di pomodoro, le pallotte cacio e uova, diffuse in tutta la provincia di Chieti, incarnano l’estro culinario di quella cucina rurale che con pochi e semplici ingredienti riusciva, un tempo, a valorizzare l’essenza e la cultura di un territorio.
Per la preparazione della pallotte cacio e uova il formaggio prediletto è la caciotta frentana, formaggio a latte vaccino, dolce e a pasta morbida utilizzato durante il periodo pasquale anche nella preparazione del fiadone.
Qui la ricetta delle pallotte cacio e uova.

PIZZ E FOJE

Pizz e foje
Il coppo

“Pizz e foje” ovvero “pizza e foglie” è un piatto realizzato con la pizza di granturco o pizza di “grandin”, tradizionalmente cotta sotto il coppo, verdure miste (cime di rapa, cicoria, verza, bietole, crespigno o cascigni), sbollentate e ripassate in padella, croccanti peperoni rossi dolci e qualche sarda fritta.
Un piatto povero d’estrazione contadina che un tempo contemplava esclusivamente “foglie” di campo, mentre la pizza di granturco era l’ideale sostituto del pane. Qui la ricetta di pizz e foje.

PIZZA SCIMA

Pizza scima

La pizza scima, o scime, è un pane senza lievito, il termine “scima” deriverebbe dal dialetto “açime” ovvero azzimo, e la sua origine è da ricercare nel retaggio delle numerose comunità ebraiche presenti un tempo in Abruzzo.
Sostituiva il pane al bisogno ed era consumata per accompagnare i pasti durante il lavoro. Si presenta come una focaccia bassa con rilievi romboidali, compatta  e croccante all’esterno, fragrante e friabile all’interno. La sua ricetta ha diverse varianti sul territorio, che differiscono soprattutto per la scelta e per le dosi degli ingredienti utilizzati. Di base sono presenti farina di grano tenero, olio evo, vino bianco e sale.
La cottura è solitamente eseguita sotto il “coppo”. Qui la ricetta della pizza scima.

MACCHERONI ALLA TRAPPITARA

Maccheroni alla Trappitara

Un piatto legato al periodo della raccolta delle olive. Una volta la “trappitara”, da Trappeto, veniva preparata direttamente in frantoio con l’olio extravergine d’oliva nuovo e offerta ai contadini nell’attesa del turno di molitura.
Le versioni presenti sul territorio sono tante e cambiano per l’aggiunta o meno di ingredienti come le alici o per l’utilizzo del peperone dolce di Altino essiccato che viene fritto, e aggiunto in pezzi (croccanti) o macinato. Una variante “old fashioned” è quella che vede il peperone dolce secco cotto a lungo, insieme all’aglio, nell’olio nuovo, e con l’aggiunta di acqua bollente: il risultato finale è un piatto leggermente brodoso con il peperone che si va a sfaldare e l'aglio che diventa cremoso.
La trappitara differisce da quella che localmente è conosciuta come “aj fritt e piparuli”: preparazione realizzata friggendo i peperoni che vengono poi frantumati nel mortaio.
Qui la ricetta dei maccheroni alla trappitara.

SAGNE A PEZZE O TACCONI

Sagne a pezze al pomodoro fresco

Le “sagne a pèzze” conosciute anche come “tacconi” o “tacconelle”, sono diffuse in tutta la provincia di Chieti e contraddistinte dalla forma a rombo, quadrata o simile e dal colorito avorio opaco. Sono diverse le varianti: cambiano per forma, dimensioni e condimento. Il comune denominatore resta un impasto realizzato con acqua, semola di grano duro e farina di grano tenero. Tra i condimenti prediletti ci sono i ceci, le cicerchie, i fagioli o cotiche e fagioli, le versioni stagionali come quella con il sugo di pomodoro fresco, con gli asparagi o con fave e guanciale oppure quelle locali e circoscritte: nell’alto Sangro le sagne con fagioli, con l’aggiunta delle patate, diventano “abbòtta pezzènte” (a sottolinearne l’alto valore nutrizionale), mentre nell’entroterra vastese il condimento preferito rimane il più rustico e corposo sugo di ventricina.
Qui la ricetta delle sagne a pezze al pomodoro fresco.

RINTROCILO

Rintrocilo al sugo di pelosi

Il Rintrocilo ha origine nella tradizione contadina/pastorale, è un formato di pasta diffuso nel territorio di Lanciano. Il nome deriva dal particolare matterello utilizzato subito dopo aver steso la sfoglia, contraddistinto da profonde scanalature per tagliare la pasta. L’impasto è realizzato con farina di grano duro, acqua e sale che viene lavorato fino a raggiungere una consistenza elastica. Quindi si stende la pasta e la si taglia con l’ausilio del mattarello scanalato. Nell’entroterra viene solitamente condito con sugo di carni miste, mentre sulla costa dei trabocchi con quello di pelosi. Qui la ricetta del rintrocilo al sugo di pelosi.
Simili al rintrocilo, ma realizzati senza l’ausilio del matterello scanalato, sono gli ‘Ndrucciulune, pasta fresca lavorata a mano e tagliata in spaghetti lunghi e spessi a sezione rettangolare. Gli ‘Ndrucciulune si possono apprezzare conditi con un sostanzioso sugo di carne di castrato o di pecora. 

FRASCARELLI

Frascarelli

Sono piccoli agglomerati di pasta realizzati con una scopetta di saggina, una bacinella di acqua e una fontana di farina. Una sorta di “pasta grattata” ottenuta spruzzando l’acqua sulla farina, la cosiddetta “benedizione”, e setacciando la stessa. 
Un tempo era consuetudine preparare i frascarelli per le nutrici, in quanto si riteneva che favorissero la produzione di latte. 
In alcune zone della Val di Sangro, in particolare a Quadri, i frascarelli stanno ad indicare una sorta di polenta bianca accompagnata da fagioli e patate.
Tra i condimenti d’elezione dei frascarelli, il brodo di gallina o il ragù.

FAGIOLI SUOCERE E NUORE AL POMODORO FRESCO

Fagioli Suocere e Nuore al pomodoro fresco

I legumi hanno un ruolo importante nella cucina popolare frentana, un tripudio di cicerchie, ceci e fagioli. Sono diverse le varietà reperibili sul territorio, per i fagioli meritano una menzione quelli “suocera e nuora”, legati all’area della Maiella e un tempo diffusi in buona parte della provincia di Chieti. Si presentano con la tipica colorazione nero-bianca disposta in maniera simmetrica sulla superficie del seme: da qui deriva il nome che sta a ricordare la contrapposizione che da sempre contraddistingue il rapporto tra suocera e nuora. I fagioli suocera e nuora durante il periodo estivo si possono apprezzare freschi con il baccello verde intrisi in una fresca salsa di pomodoro, spesso questo piatto unico diventa anche il condimento ideale per i tacconi fatti in casa.

IL BACCALÀ E LE SUE TANTE DECLINAZIONI

Baccalà arrosto con i peperoni dolci secchi

Il baccalà è tra i protagonisti indiscussi della cucina dell’entroterra abruzzese. Arrostito sulla brace, cotto in umido, fritto in pastella, viene declinato in una miriade di preparazioni soprattutto nel periodo autunnale e in quello invernale. È inoltre cibo di rito utilizzato nelle feste natalizie e nella quaresima. Molto in voga nell’area frentana, ha tra le varianti predilette quella arrostita sulla brace con i peperoni dolci secchi (fritti o arrostiti) o freschi, e quella al sugo di pomodoro con cipolla, peperoni e patate. Qui la ricetta del baccalà con i peperoni dolci secchi.

CIAMMAICHE AL SUGO

Ciammaiche al sugo

Un piatto che ha perso sicuramente terreno rispetto al passato: le lumache di terra, localmente “ciammaiche”, condite con una sostanziosa salsa di pomodoro.
Un tempo il periodo di raccolta ideale era quello autunnale, a partire dal mese di settembre venivano raccolte nei campi e lungo le siepi delle strade, tanto che localmente alla prima pioggia si recitava: “Ha piuvìte, si po’ ij a cchiappà li ciammajjeche!”. Oggi c’è ancora chi continua la tradizione, e qualche osteria propone questo gustoso piatto ricorrendo soprattutto a lumache di allevamento. Nel processo di preparazione le lumache vengono fatte “spurgare” e quindi lavorate per essere cucinate: schiumate, poi lessate e infine cotte con la salsa di pomodoro e gli odori.

CIF E CIAF

Cif e ciaf

È uno dei piatti simbolo della “maialatura” ovvero l’uccisione del maiale, il taglio delle carni e le successive preparazioni dei salumi, una volta era un vero e proprio rituale collettivo, momento conviviale e di festa che coinvolgeva amici e parenti. Il cif e ciaf viene preparato con pezzetti di carni grasse di maiale fritte con aglio e peperone dolce essiccato: un tempo si asportava una parte di guanciale, lo si tagliava a pezzi non troppo piccoli e lo si cuoceva in una padella di ferro, la fersora, direttamente sul fuoco del camino.
Qui la ricetta del cif e ciaf.

I SAPORI DEL CORTILE: CONIGLIO SOTTO AL COPPO, PAPERA AL SUGO E POLLO SOFFOCATO

Coniglio sotto al coppo con patate

Gli animali da cortile sono tra i protagonisti della cucina popolare frentana, tra tutti il coniglio che si può apprezzare cotto sotto il coppo con patate aglio ed erbe aromatiche. Un altro must è la papera al sugo: viene cotta a pezzi in un tegame con aglio e odori, quindi sfumata con il vino e poi impreziosita con la salsa di pomodoro. Un piatto che invece è tradizionalmente legato al periodo della “tresca” è lo spezzato di “pollastro”: il pollo a pezzi è soffritto, “soffocato”, in capienti tegami di terraccotta e, una volta cotto, viene rimosso per fare spazio alla passata di pomodoro indispensabile per condire la pasta.

 

[Crediti | Foto di Copertina: Cucina Popolare Frentana, foto dei piatti di Sangro Aventino Turismo, Carmelita Cianci]

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